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Patricia racconta la storia di emigrazione della sua famiglia, partita dalla provincia di Piacenza per l'Inghilterra. Dopo generazioni il legame con la terra d'origine esiste ancora. Storia raccolta all'interno del progetto "La pasta in valigia" coordinato dal Comune di Piacenza e realizzato con il contributo della Consulta ER nel mondo

La storia dell'emigrazione della famiglia Bragoli-Berni ha inizio nel 1884 quando Giovanni Bragoli, di Castelletto di Vernasca, decide di emigrare in Inghilterra. Probabilmente, come tanti suoi conterranei, si impiega nel settore della ristorazione. Dal matrimonio con Marianna Bardetti, proveniente dai Bardetti di Morfasso, nascono quattro figli: Giuditta, Celesta (Orelia Maria), Maria e Giuseppe.

Celesta sposa Giuseppe (Bartolomeo Leon) Berni, appartenente ad una famiglia proveniente da Casanuovo di Bardi. Dal matrimonio nascono, tra il 1909 e il 1929, sette figli: Francesca, John, Maria, Pierina (Paola Anna Maria), Bruna, Peter e Joseph. Nascono tutti a Londra, ma i primi quattro vivono per un certo periodo anche in Italia, perchè per tre anni, durante la prima guerra mondiale, Giuseppe è a servizio dell'Esercito italiano.

A Londra, Celesta gestisce una casa in affitto a Clerkenwell e nel 1927 acquista una grande casa in Islington. I ragazzi frequentano le scuole locali. Pierina, ad esempio, va alla scuola italiana in Clerkenwell, poi al St.Ethelreda in Ely Place, Holborn e quindi alla scuola inglese, St John the Evangelist in Islington. Negli anni Trenta lavora da “Bianchi,” il ristorante italiano che si trovava sopra il noto “Bar Italia’ in Old Compton Street, Soho. Nelle memorie di famiglia Pierina è ricordata come  “la migliore cameriera di Bianchi”!. Nel 1942 Pierina sposa Mario Pietro Borlenghi, figlio di Romeo (Antonio Leandro Maria) di Busseto, e Filomena Bergonzi, di famiglia originaria di Bettola. Dal matrimonio nascono Michele e Patricia.

Nel secondo dopoguerra la famiglia Bragoli Borlenghi lavora nell'ambito della ristorazione. Mario Pietro è impiegato nei grandi ristoranti di Londra, soprattutto francesi. Il fratello di Pierina, Peter, ha sposato Livia, la quale, assieme alla mamma Luigina (anche loro sono Bragoli di Castelletto di Vernasca) gestiscono un caffè in Islington.

La sorella di Celesta, Maria Bragoli, di Castelletto, gestisce invece un caffè in Brick Lane, Est Londra. Ed è proprio in questo Caffè che la piccola Patricia è di casa:

«Mi ricordo bene il montavivande. Quando avevo quattro anni giocavo con esso, andando su e giù!». A Soho «mi ricordo i ristoranti italiani dove mangiavo il vitello impanato e gli spaghetti al pomodoro che qualche volta cucino ancora anch’io».

In Islington, nella zona Nord di Londra, dove la famiglia abita, vicino alla chiesa italiana a Clerkenwell e anche nel Soho, negli anni Cinquanta e Sessanta, sono in attività numerosi negozi italiani, come Parmigiano e Camisa, ed il macellaio, Bifulco. Diversi di loro provengono dalla zona della val d'Arda.

«Mi ricordo molto bene Rita Sorenti che lavorava a Lina Stores in Brewer Street, Soho. Lei e suo marito, Bert Azzardi erano cugini, anche loro originari di Castelletto. Mia mamma aveva stretto una grande amicizia con Rita e sua sorella Emma. Pierina ed Emma erano in vacanza a Castelletto quando scoppiò la seconda guerra mondiale e rimasero in Italia per più di sei mesi perché era troppo difficoltoso rientrare a Londra».

Nei ricordi di Patricia ci sono ancora i sapori della cucina di nonna Celesta, con i suoi deliziosi risotti arricchiti  con i funghi secchi. In occasione delle feste del Natale e della Pasqua in casa si cucinava un po' italiano e un po' inglese. In tavola

«arrivavano l’antipasto di salumi e la giardiniera, i cappelletti fatti a mano con il ‘pien’ di pane, parmigiano, uova e ‘soffrit’. Per il secondo ecco il bollito con mostarda di frutta, ma anche il cappone con patate e verdure, poi la zuppa inglese e ‘Christmas Pudding’ (Budino di Natale). Non potevano mancare il panettone, la frutta e noci, datteri, i ‘torron’, amaretti e i ‘tortei’ fatti dalla nonna e dalla zia. E pure il panforte che, da piccola, ho trovato però troppo ricco».

In cucina entrano anche i termini dialettali: ‘anven’ per anolini; ‘risott’ per risotto; ‘formai’ per formaggio; ‘pastafaseu’ per pasta e faggioli, ‘sorbit’ - il vino nel brodo, ‘tomat’ per pomodoro, ‘buttèr’ per burro. Il legame della famiglia con la terra di origine è sempre forte. Dopo la fine della guerra, Celesta continua a tornare nella sua Castelletto. E all'età di quattordici anni anche Patricia conosce la terra dei origine dei suoi bisnonni.

«Mi innamorai di  Castelletto. Per la prima volta andavo in giro con un gruppo di giovani in campagna. Era l’estate e c’erano tante feste in giro, mi ricordo bene una a Bore, ed il mercato a Lugagnano ogni venerdì. Poi abbiamo mangiato sempre bene sia dai cugini oppure a Casa Bonini. Mi ricordo molto bene la proprietaria, Celestina, sempre vestita in bianco». 

I rientri estivi erano anche l'occasione per “scambi alimentari”, «si portava tè inglese e, al rientro, in valigia finivano vino, parmigiano reggiano o grana padano, biscotti, cioccolato e tanta tanta pasta».

Le tradizioni culinarie non si scordano mai. Ancora oggi sulla tavola di Patricia si gustano i tortelli di ogni tipo (con spinaci di erbetta e ricotta con burro e salvia, di zucca, di patate con salsa di funghi e tagliolini con tartufo). Una passione che Patricia condivide con il marito Charles Johnson, figlio di un prete anglicano inglese, che si cimenta, con successo, nella preparazione della pasta ripiena come i cappelletti o la torta di patate che, come si sa, è una grande eccellenza della tradizione della zona di Vernasca.


Fonte: Testimonianza di Patricia Borlenghi, raccolta per MIGRER all'interno del progetto "La Pasta in valigia" coordinato dal Comune di Piacenza con il contributo della Consulta ER nel mondo, grazie alla collaborazione della Biblioteca Comunale Passerini-Landi

 

Progetto

Titolo: "La Pasta in valigia: percorso storico-gastronomico sulle rotte dell'emigrazione piacentina" 

L'obiettivo del progetto è stato quello di ricostruire il ruolo, storicamente rilevante, svolto dagli emigrati del territorio emiliano-romagnolo nella “diffusione” del cibo, della cultura e delle pratiche alimentari regionali all'estero. Nella storia di queste esperienze migratorie entrano gestori di trattorie, dettaglianti, grossisti, titolari di negozi di quartiere che fornivano alle famiglie immigrate prodotti di consumo, ma anche una fondamentale presenza attorno alla quale cresceva la vita sociale della comunità. Fu proprio questa rete - che il progetto intende ricomporre anche attraverso la raccolta di ricordi e testimonianze delle famiglie di emigrati - a mantenere viva la tradizione della cucina familiare.

L’abilità nella trasformazione del cibo e il ricordo di ricette di famiglia davano la possibilità a chi era partito di mettere a frutto i saperi e le conoscenze della propria terra e a chi non era mai stato nel nostro paese - le generazioni successive - di poter fare, anche a tavola, “esperienza” dell’Italia.

Partner: AS.PA.PI. Associazione di Parma e Piacenza (Francia), Nuove generazioni TERRA Mar del Plata (Argentina), Piacenza nel Mondo APS (Italia)

TESTIMONIANZE E PERSONAGGI