Un’artista eclettica che ha lavorato al fianco di Arnaldo Bartoli e Cesare Zavattini e che negli anni Settanta frequenta numerosi corsi tra Francia e Inghilterra apprendendo le tecniche del linguaggio artistico pittorico.
Entra a pieno titolo nella comunità degli artisti londinesi degli anni Ottanta grazie alla mostra "Women’s Images of man" e grazie al riconoscimento del V&A Museum di Londra che custodisce ancora due sue grandi opere: Madonna e Tango.
Dopo aver trascorso dieci anni a Londra, nel 1985 decide di trasferirsi in Brasile. Sarà la foresta amazzonica la musa ispiratrice dei suoi ultimi lavori. Lascia questo mondo giovanissima, nel 1987, a 36 anni, a causa di un incidente stradale avvenuto a San Paolo del Brasile.
L’Associazione Elena Samperi (https://associazioneelenasamperi.com) si impegna dal 2010 a valorizzare la storia di una “montanara” migrante che ha saputo incuriosire il suo territorio con le sue opere e con la sua vita fuori dal comune. Elena non solo era una grande artista, ma una femminista che portava una visione ancora inedita per la montagna parmense degli anni Settanta. Faceva, infatti, ogni anno ritorno a Mossale di Bosco di Corniglio. Ancora a Corniglio, all’interno di un museo a lei dedicato, sono custodite molte delle sue opere, ma tanti dei ricordi legati ad Elena Samperi si trovano tra Londra e San Paolo dove Elena ha lasciato i più vicini affetti e speranze.
(Fonte: progetto "Parlami di Elena", Comune di Corniglio 2022)
Ma Elena Samperi fin da giovane ha mostrato uno spirito imprendibile, erratico, insofferente e corrosivo rispetto alle maglie delle convenzioni sociali e delle aspettative altrui. Per capirlo, basta guardare l’urlo silenzioso della sua Madonna, esposta al Victoria and Albert Museum di Londra, che sembra fendere la tela, grido di liberazione da una gabbia millenaria di inespressione che la talentuosa pittrice tenta di scardinare con la forza di una pittura dai tratti espressionistici.
Bella, magnetica, catalizzatrice di sguardi anche dalla posizione d’angolo in una stanza, capace di intuire radici di dissenso che crescono rizomatiche sotto la superficie levigata della morale borghese, Elena, nata a Genova nel 1951, a 17 anni inizia a dipingere e lo fa attraverso una ricerca personale, rifiutando di iscriversi a un liceo artistico nel timore di vedere imbrigliata la propria ispirazione. Frequenta invece lo studio di Arnaldo Bartoli e Cesare Zavattini che la incoraggiano a proseguire il suo percorso. Dai due artisti Elena deriva una cifra visionaria che si tinge a volte di un realismo magico capace di porre in questione e in disordine l’ordine sociale e le gerarchie di potere.
Un percorso, conquistato giorno per giorno non senza sacrifici, che la porterà all’inizio degli anni Settanta a frequentare corsi sia in Francia che a Londra, dove si trasferisce nel ‘75 dopo essersi laureata. Qui Elena vive per dieci anni, inserendosi nel panorama artistico londinese e esponendo in diverse mostre collettive, viaggia poi fra Europa, Stati Uniti e Medio Oriente tornando ogni anno alla casa dei genitori, a Mossale Superiore. Anticonformista, libera, si mantiene all’estero insegnando italiano ai figli di altri emigrati e illustrando libri per l’infanzia, tentando sempre di erodere uno spazio per la propria attività d’artista.
Emblema della lotta di trasformazione, spirituale e sociale, che deve compiere ogni donna per potersi liberare da un bozzolo di costrizioni dispiegando la propria energia, una grande falena di carta e legno creata a metà degli anni Ottanta per una mostra itinerante dal titolo Pandora’s Box. (...)
Nel 1986, il primo viaggio in America Latina la porta in Brasile dove decide di trasferirsi.
Morta nel 1987, a soli 36 anni, in un incidente stradale, poco dopo avere varcato la soglia di una felicità che coincideva con il poter vivere della propria arte, vedendo riconosciuto, nel fervore ospitale della società brasiliana, il proprio lavoro artistico, Elena ha rischiato di scomparire una seconda volta e per sempre con il calare sulle sue tele del buio della dimenticanza.
Ma sulla sua opera, non per fortuna ma per intuitiva e caparbia volontà, ha puntato la macchina da presa il regista Giacomo Agnetti, ricostruendo in un appassionante docu-film il baluginare screziato di quel fuoco d’artificio, bruciato troppo in fretta, che è stata la vita di Elena.
Proiettato giovedì sera (17 agosto) nella sala consiliare dell’ex Colonia Montana di Corniglio, dopo una prima assoluta al cinema Astra di Parma lo scorso 8 marzo, Parlami di Elena è un pedinamento sensibile e rivelativo sulle tracce di un’artista il cui sguardo si è nutrito dei colori teneri e violenti e delle forme umili e sontuose di boschi, valli, laghi, torrenti, animali che Elena vedeva nelle sue lunghe estati trascorse a Mossale, borgo appenninico di cui era originaria la madre. Come ha evidenziato in apertura della serata il vice sindaco Matteo Cattani, la realizzazione del prezioso documentario è stata resa possibile grazie a un bando indetto dalla Regione Emilia-Romagna e al sostegno del Comune di Corniglio.
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"Parlami di Elena" racconta l’incredibile vita di Elena Samperi, artista femminista che scandalizzò il mondo negli anni ’80. La storia viene raccontata attraverso le lettere spedite ai suoi genitori e alle voci delle persone che l’hanno conosciuta. Un percorso di vita che porta da un minuscolo paese dell’Appennino, fino a Londra, centro attivo del movimento femminista di quegli anni, e ai confini con il Mato Grosso, in Brasile. Ne abbiamo parlato con il regista Giacomo Agnetti.
Come sei arrivato a conoscere la figura di Elena Samperi?
Per puro caso! Io e la mia compagna Maria Molinari avevamo appena finito di fare la presentazione estiva di Martin J, un documentario su Martino Jasoni, artista originario dell’Appennino parmense emigrato a New York agli inizi del 1900. Al termine della proiezione Gabriella Bussandri dell’Associazione Elena Samperi si è avvicinata a noi dicendoci che sarebbe stato interessante lavorare sulla storia di Elena. Sia io che Maria siamo cascati dalle nuvole perché non l’avevamo mai sentita nominare, ed era davvero strano, dato che le era stato addirittura dedicato un museo, proprio nella valle adiacente alla nostra.
Alla sera ho fatto una ricerca online e già dalle prime righe della bio e dal primo quadro, mi sono reso conto che c’ero finito dentro: il film era da fare.
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L’incredibile vita di Elena Samperi, poliedrica artista femminista di origini cornigliesi che, con il suo quadro Madonna, di proprietà oggi del V&A di Londra, scandalizzò il mondo artistico londinese negli anni 80, viene raccontata attraverso le lettere spedite ai suoi genitori ed alle voci delle persone che l’hanno conosciuta. Una storia che ci condurrà da Mossale, in Alta Val Parma, a Londra, centro attivo del movimento femminista di quegli anni, fino al nuovo mondo in Brasile nella regione del Mato Grosso.
Raccontare di Elena significa inoltrarsi nell’esperienza della migrazione moderna, non dettata puramente da necessità economiche, ma anche da un’inesauribile sete di nuove esperienze, conoscenze, dal bisogno di realizzarsi al di fuori dei rigidi schemi imposti dalla società italiana di quegli anni.
Regia: Giacomo Agnetti | Produzione: Magic Mind Corporation | Ricerca: Maria Molinari | In collaborazione con: Associazione Elena Samperi | Patrocinio: Parchi del Ducato
Parlami di Elena - Trailer from Magic Mind Corporation on Vimeo.