I ruolo delle donne italiane della prima grande emigrazione verso il Brasile era quello legato agli affari domestici, nonostante costituivano anche una grande forza di lavoro, perché di solito facevano quelli affidati ai maschi: lavorare la terra. In fine avevano doppia giornata di lavoro.
Il governo brasiliano preferiva e stimolava l'immigrazione del nucleo familiare, l ´ immigrazione permanente.
L'obiettivo era quello di fissare gli immigrati alla nuova terra, al nuovo paese, perché aveva bisogno non soltanto di sostituire la mano opera schiava ma di costituire e allargare la piccola classe media.
Inoltre nel sud del paese, dove sono costituite colonie, l 'interesse era dell'occupazione del territorio. Così, non interessava al Brasile l'immigrazione provvisoria, temporanea .
Quindi era normale che le donne seguissero i mariti oppure i genitore.
Avevano soprattutto alle spalle gli affari domestici e della prole. E, proprio questo ha favorito il mantenimento e il tramandare delle tradizione della terra di origine, soprattutto attraverso la culinaria, la lingua (o dialetto).
Questo è anche successo alle donne della mia famiglia. Di origine romagnola (Forlì) la famiglia Arfelli emigrò da Teodorano ( oggi Comune di Meldola) per il Brasile nel 1899.
Dopo due anni in Brasile, l´ infortunio della morte del mio bisnonno Antonio Arfelli cambiò il destino tracciato alle donne della famiglia.
Mio nonno, allora ai 9 anni, non era in grado di prendere la carica del capofamiglia.
Toccò alla bisnonna Filomena Bondi (42 anni) e alle sue figlie : Santa (19 anni), Rosa (17 anni), Maria (15 anni), Virginia (14 anni) sostenere fino alla fine il contratto di mezzadria presso alla tenuta di caffè a Ribeirão Bonito, nello entroterra della regione di San Paolo.
1927 - Filomena Bondi con i figli Cesare Arfelli e Natale Arfelli e i nipoti
Lavoravano come i maschi. Anche in altre famiglie le donne lavoravano la terra, però avevano sempre accanto la forza del lavoro degli uomini della famiglia (padre, nonni, fratelli, mariti ecc.)
Nonostante Filomena Bondi avessi soltanto l’aiuto delle figlie e del piccolo Cesare, oramai e per sempre in Brasile chiamato Cesarino, seppe affrontate le avversità.
La famiglia Arfelli produceva tanto quanto le altre famiglie di immigrati italiani della tenuta.
Il contratto fu rinnovato di continuo fino a 1912 quando la famiglia si trasferì ad un'altra tenuta di caffè nel Comune di Araraquara.
Combinazione ha voluto che nella nave che portò la famiglia Arfelli in Brasile, c'era la famiglia di Fiore Berti di origine Bolognese (Fontanelice) che furono lavorare nella stessa tenuta di caffè.
Il 1909, con il matrimonio di Santa Arfelli con Orlando Berti si convalida l'unione delle due famiglie che sempre erano insieme. Addirittura il pezzo di terra della piantagione di caffè affidato ad ogni famiglia erano confinante, dove tra gli alberi di caffè Orlando e Santa scambiavano sguardi, tenerezze e baci.
Con tutte le figlie già sposate (Rosa si sposò con l'italiano Antonio Primiani il 1902 ai 17 anni, e poco dopo emigrò in Argentina); Virginia si sposò con Angelo Zorzani il 1907 e Maria si sposò con l´italiano Antonio Pondaco di origine calabrese il 1905).
Famiglia di Rosa Arfelli e Antonio Primiani – Argentina - 1921
Virginia Arfelli e Angelo Zorzani
Merita evidenziare le vicende di Maria Arfelli, simbolo della grinta delle donne della famiglia.
Antonio Pondaco, marito di Maria, aveva già un’esperienza di emigrazione. Aveva Era già emigrato verso gli Stati Uniti con il padre. Ormai era da solo in Brasile.
Antonio Pondaco e Maria Arfelli
Il 1914 con la morte del padre in Italia, Pondaco convince Maria Arfelli a ripatriare, perchè la mamma e la sorella erano rimaste da soli a Stefanaconi in Calabria.
Partono il 1914 con i figli nati in Brasile: Giuseppe (8 anni), Madalena (6 anni) e Nicola (1 anni). Scoppia la prima guerra mondiale. Antonio Pondaco si infila all´ esercito italiano e muori in combatte il 1916. Poco dopo scomparse anche la suocera e Maria Arfelli resta in Itália sola con i figli.