Alla fine della Seconda Guerra Mondiale la mia famiglia paterna ha deciso di lasciare l’Italia ed emigrare come tanti compaesani. Mio nonno partecipò alla guerra nella Seconda Brigata Italia dell’Emilia Romagna; mia nonna, nel bel mezzo di un conflitto europeo, si trovò ad allevare quattro figli da sola. Queste difficoltà spinsero i miei nonni a cercare migliore fortuna in una terra dove c’era la pace: l’Argentina. Mio nonno sbarcò per primo, un anno prima di sua moglie: era il 1948 e lui aveva solo il suo diploma di Radiotecnico, conseguito a Pistoia. Fece da apripista affinché mia nonna, assieme a mio padre e ai miei zii, potesse arrivare nel novembre del 1949. Il transatlantico "Conte Biancamano" portò dall'altra parte dell’Oceano (era il primo viaggio della nave dopo che era stata restituita all'Italia dagli Stati Uniti) mia nonna, mio padre Marco che allora aveva sette anni, suo fratello Luca di sei, Matteo e Giovanna, i miei due zii gemelli di quattro anni. La traversata sul "Conte Biancamano" durò 21 giorni. Da quello che mi ha raccontato mio padre fu un’esperienza piacevole: guardare l’immenso dell’oceano, i pesci enormi e i delfini che sembrava ballassero, inseguendo la nave.
Sono tanti gli aneddoti che raccontava mio padre, come lo stratagemma ideato da mia nonna per non perdere i suoi bambini durante la traversata: mio padre e i suoi fratelli giocavano infatti a nascondino sulla nave. Scrisse sui loro polsi il numero della cabina con una matita indelebile; in questo modo, quando qualcuno di loro si perdeva, veniva riportato a lei. Un altro aneddoto riguarda mia zia: quando sulla nave le domandavano chi era, lei rispondeva educatamente: "Io sono la signorina delle tre B: buona, brava e bella!".
Che emozione all'arrivo! Poter rincontrare di nuovo mio nonno dopo un anno che non lo vedevano e dopo il lungo viaggio sulla nave! Mio padre fu poi inserito a scuola, in seconda classe perché per le difficoltà con la nuova lingua non riuscì ad entrare in terza. Tanto mio nonno Silvio, nato in provincia di Modena, quanto mia nonna Dirce della provincia di Bologna, lavorarono coraggiosamente per riuscire a costruire una grande famiglia. E ce l’hanno fatta. Ancora oggi la nostalgia per la loro cara Italia è grande. In questi anni, grazie ai giornali e alle riviste italiane, la mia famiglia si è sempre tenuta al corrente di tutte le notizie e le novità dalla patria ed è riuscita a trasmettere a noi, i discendenti, la cultura italiana.
Fonte: Testimonianza di Carlos Andrés Poppi (Rosario - Argentina). Materiale prodotto all'interno del progetto culturale "Casa della memoria dell'emigrazione dell'Emilia-Romagna" promosso dalla Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo e realizzato in seguito alla richiesta dei giovani corregionali nella Conferenza di Buenos Aires del 2007.