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Giuliano Mortali ricostruisce la storia di una famiglia di Orsanti, i Dallara di Bedonia, e in particolare di Bernardo, che nel 1844 fu segnalato come artista girovago e ammaestratore di scimmie a Waldkirch nel Baden-Wurttemberg

Giuliano Mortali, storico presso il Centro di documentazione dell'emigrazione gestito dall’Associazione Centro Studi Cardinal Casaroli di Bedonia (Parma), racconta la storia di una famiglia di Orsanti: i Dallara di Bedonia.

Com’è noto, gli Orsanti erano girovaghi dell’Appennino parmense che si procuravano da vivere nelle strade, nelle piazze e nelle fiere di tutta Europa, suonando, mettendo in mostra e facendo ballare scimmie, cani, uccelli, orsi e cammelli più o meno addestrati.

A Compiano, sempre sulla montagna parmense, esiste il Museo degli Orsanti, unico nel suo genere in Italia.

 

Il patriarca Pompeo Dallara

Tra i dati del Censimento 1850 nel Comune di Bedonia – scrive Giuliano Mortali - figura la famiglia, composta da 19 persone, del patriarca Pompeo Dallara detto Martorello, proprietario e coltivatore di anni 69. La famiglia, residente a Bedonia in località Castagnola, culla da tempi immemori dei Dallara, era composta dal patriarca, vedovo di Dallara Giovanna, e dai figli Bernardo, Giovanni e Giuseppe con le rispettive mogli e figli.

Bernardo, di anni 45, sua moglie Agnese Agazzi con i figli Bartolomeo di 18 anni e Antonio di 15 anni, di mestiere suonatori all'estero, si trovavano in Germania da oltre 30 mesi; la figlia Maria di anni 12 e il figlio Luigi di anni 9 erano a casa col nonno e le zie.

Giovanni, di anni 40, era qualificato come espositore di bestie feroci e si trovava nel Regno di Napoli da oltre 30 mesi. Sua moglie era Margherita Angelotti; suoi figli erano Pompeo anni 15, Giovanni anni 2, Maddalena 12, Domenica 4.

Giuseppe, di anni 30, era anch'egli espositore di bestie feroci e lavorava assieme al fratello nel Regno di Napoli. Sua moglie era Caterina Angelotti ed avevano 4 figlie: Luigia anni 10, Giovanna 3, Maria 1, Caterina mesi 2.

Nel Censimento del 1856 Giovanni e Giuseppe erano ancora con la famiglia del padre e figuravano di mestiere coltivatori, ma sappiamo che la loro arte era quella di girovaghi espositori di bestie feroci. Bernardo invece nel 1856 era uscito dal nucleo famigliare del padre e risultava essere in Francia, mentre la moglie Agnese ed i figli Bartolomeo, Antonio e Luigi si trovavano in Lombardia.

 

Le avventure di Bernardo in Germania

Un interessante documento dell’Archivio Storico di Bedonia datato 1844 ci rivela le avventure di Bernardo nei paesi tedeschi, dove aveva con sé i giovani figli Bartolomeo e Antonio, che all'epoca avevano rispettivamente 10 e 8 anni. Ma nel 1843, come vedremo dalla lettera del Podestà che si trascrive successivamente, Bartolomeo ed Antonio avrebbero dovuto avere 9 e 7 anni ed erano già in giro per l’Europa! Ma questi dati sono errati, essendo nati rispettivamente nel 1832 e nel 1835 e quindi nel 1843 avevano 11 e 8 anni.

Ma in quei periodi questo accadeva spesso, i bambini dovevano guadagnarsi da vivere già in giovane età. Alcuni venivano «noleggiati» ai girovaghi che li portavano con sé come inservienti. I genitori li affidavano ad altri per poter togliere una bocca dalla misera mensa, ma anche per permettere ai propri figli di imparare i segreti di un mestiere abbastanza remunerativo. I figli dei girovaghi che andavano in giro con i genitori erano più fortunati, potevano imparare meglio il mestiere e non erano trattati male, come invece poteva accadere agli altri.

Il 13 febbraio 1844, Bernardo Dallara scriveva da “Vale Ciricho” – probabilmente Waldkirch nel distretto di Freiburg in Breisgau, nella regione Baden-Wurttemberg - ai genitori, chiedendo gli fosse rinnovato il passaporto scaduto: «Con questo folio vengo a darvi nuove della mia buona salutte ed anco delli miei figli e così ne spero il simile anche di voi e di tutta la famiglia, ma devo farvi sapere che mi trovo col passaporto schadutto, per questo vi prego di andare dal Podestà che mi facia un passaporto al lestro [all’estero], e se al caso non ve lo volese spedirlo andatte dal Secretario di Parma deli afari estri, ma crederò che il nostro podesta di Bedonia gli distachera un certifichato per andare a prenderlo alla Cita di parma, per tanto vi prego di farmi sapere li afari di casa nostra come vano, e se siete tutti sani et in particolare mia moglie se la sta bene, e come anche li altri miei figli se stano bene che queli che tengo con me sono sani e stano bene, e vi salutano caramente come anche io vi saluto tuti primo mio padre e madre e poi mia molie e li frateli e soreli e tutti di casa vi saluto caramente e se io avessi dei lavoranti la mi andreia melio, perche o’ li estrumenti fermi.

Ma per tanto sono a pregarvi di un pronto riscontro subito su questa letra e se avete subito il passaporto speditelo su questo riscontro e se al caso non potette averlo subito il riscontro mandatelo subito a la letra che spedirete la manzione sara di questo tenore. Farete così: Al Signor Bernardo Dallara, in Costanza Statto Baden Gran Duchato. Questi sono li miei conotatti [..]. Il passaporto lo fatte fare di con questi condizione: al Estro buono per Francia e Svizzera e Germania, con dui figli Bartolameio dani [di anni] 10 e Antonio dani 8, sua professione Suonatori e conduttori di animali. Altro non so più che dirvi che rinovarvi i miei saluti a tutti e di salutarmi il mio cognato Francesco Agazzi con tutta la sua familia, come anche tutte le mie cognate che sono in familia e dove si ritrova li miei fratelli se li avete saputo delle sue nove e con questo termino e mi dicho vostro filio Bernardo Dalara adio. Se non potete spedire il passaporto su questo riscontro lo spedite a Costanza e il passaporto lo spedirette in Friborgo per val Cero Statto Baden o sia Granduchato, la dreza [l’indirizzo, da addresse, in tedesco e francese] sarà di questo tenore:» (segue indirizzo di persona tedesca, a Friburg).

Il 4 marzo il Podestà di Bedonia, vista la suddetta lettera, scriveva al Commissariato di Borgotaro: «Pel certificato di moralità che ne riportava da questa Podesteria il 31.3.1843 n. 78 Bernardo Dallara di qui con due suoi piccoli figli otteneva un passaporto per la Germania e per la Russia ove si trasferì. Con una lettera scritta da que’ luoghi dal Dallara al padre chiederebbe ora la rinnovazione del proprio passaporto. Nulla opponendosi per parte mia all’esaudimento della domanda del predetto Dallara, qui compiegato ho l’onore di trasmetterle il prescritto certificato pel conseguimento del passaporto che domanda, e per le direzioni sopra riportate. Il Podestà.»

 

I Dallara girovaghi per l’Europa

I Dallara sono documentati sin dal Settecento come girovaghi. Si guadagnavano da vivere chi recandosi in Germania e in Francia «con diversi animali selvatici per procacciarsi il vitto» (Bartolomeo Dallara e compagni, passaporto rilasciato il 16 settembre 1780), chi andava in Francia per «vendere inchiostro e altre piccole merci» (Pompeo Dallara, passaporto del 1788).

Il 27 e 28 agosto del 1789 venivano concessi a Parma i seguenti passaporti: Dallara Ambrogio con tre compagni, «che va in Germania per far vedere animali selvatici»; Dallara Annibale con compagni, «che passa in Francia per far vedere due orsi»; Dallara Giuseppe, «che va in Francia a vendere inchiostro»; Dallara Paolo «che va in Francia a vendere inchiostro».Un documento dell’Archivio di Stato di Parma relativo al 1811 (periodo della dominazione francese), un Atto Notorio, ci illumina ampiamente a questo proposito: Il 25 aprile 1811 compariva davanti al giudice di pace di Compiano Angelica Maria Dallara, figlia di Giovanni, di 19 anni, domiciliata a Castagnola, che intendeva sposare Andrea Negri fu Pellegrino di 22 anni, di Cereseto, «attualmente domiciliato a Trino, dipartimento della Sesia, merciaio ambulante [marchand colporteur]». Dichiarava di essere impossibilitata ad ottenere il consenso del padre «absent de sa patrie dépuis plus de sept ans environ, ne sachant où il demeure à présent, et s'il existe plus ou non entre les vivans [sic]”. I testimoni dichiaravano che «egli è partito nell’ottobre del 1804 “du coté de Rhonne [?] avec des bestiaux à spectacle pour se gagner la nourriture. Aprés, nous avons entendu dire qu'il ait pris sa marche du coté d'Allemagne et dés cette époque là nous n'avons plus entendu a parler de lui, ni en bien ni en mal supposant  plutôt qu'il soit mort que vive, attendu qu'il était accoutumé de se restituer chez-lui presque toutes les années, ou chaque deux années au plus tard" […]». L’atto notorio è redatto in francese, poiché le nostre terre facevano allora parte integrante dell’Impero Napoleonico (Dipartimento degli Appennini).

Da un altro documento dell’Archivio Comunale di Bedonia si rileva quanto fosse pericoloso il mestiere di espositore di bestie feroci o di orsante. Il 3.11.1844 il Podestà relazionava al Commissario di Borgotaro su un “avvenimento funesto” di cui fu vittima un cugino dei Dallara, anch’esso a nome Bernardo:

«Ieri sera circa le ore sei Bernardo Dallara detto Bagolone si recava nella stalla sita nella casa dove abitava ove custodiva tre orsi per apprestare loro da mangiare, quando quelli s’impadronirono di lui e in pochi istanti lo resero cadavere, senza che questi si sia potuto veder liberare dalle persone che pur intendevano porgergli qualche soccorso e che alle grida erano accorse sul sito, che dopo l’uccisione di quelle tre bestie, procurata con archibugi e con delle scuri. Si riconobbe allora che quel cadavere mancava già della metà dell’avambraccio diritto di quasi tutta la cute della testa oltre a tante altre lacerazioni e ferite. Di siffatto funesto accaduto ne ho dato stamattina per tempestivo avviso al signor Pretore di Compiano colla mia di ieri sera il quale senza indugio si è recato a Momarola alla visita del prericordato cadavere.».

Il Podestà aggiungeva, nella sua lettera, considerazioni negative sulle attività degli orsanti, dimenticando che il paese di Bedonia traeva grandi vantaggi dall'avere questi uomini come concittadini. Infatti avvocati, medici, farmacisti, scrivani, preti, artigiani, osti e negozianti vivevano grazie al lavoro che procuravano loro i girovaghi quando tornavano a casa.

«Una siffatta disgrazia fa rivedere quanto siano le bestie di simil fatta nocive alla Società illuminata, giacché non è questo il solo caso di morte che contasi e che gli  orsi diedero ora in uno stato ed ora nell’altro, per cui ottima provvidenza sarebbe quella se si potessero vedere da questo stato banditi gli orsi tutti, non esclusi i cameli, le scimmie, ecc..»

 


Fonte: Materiale prodotto all'interno del progetto culturale "Casa della memoria dell'emigrazione dell'Emilia-Romagna" promosso dalla Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo e realizzato in seguito alla richiesta dei giovani corregionali nella Conferenza di Buenos Aires del 2007.

 

Approfondimenti

Video

Gli "Orsanti" dell'Alta Val Taro (Parma)Relatore: Alessandro Bocelli. Videoriprese: Arturo Curà.

ARTICOLO sulla storia degli orsanti tra Sette e Ottocento scritto dal professor Claudio Bargelli, Ricercatore del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell'Università di Parma

(breve estratto) Gli artisti errabondi dipartono dai monti per sparpagliarsi lungo le rotte della speranza. Ben diversi saranno gli itinerari percorsi - a più o meno lungo raggio: dalla Francia, alla Germania, all’Inghilterra, alla Scandinavia, alla Russia e perfino alla Turchia, alla Persia, all’Egitto, ma comune a tutti è la seduzione dell’avventura. Al di là delle Colonne d’Ercole di un’avvilente quotidianità, li attende il sottile brivido del girovagare sulle vie del mondo.

Nell'articolo si è tentato di mostrare come negli “orsanti” convivessero diverse anime contrastanti: artisti errabondi, un po’ accattoni, un po’ imbonitori itineranti e un po’ autentici artisti di strada, le cui esperienze di vita riflettono percorsi in chiaroscuro. Come il gioco eterno delle luci e delle ombre dischiuso dai folti faggeti dei patrî monti.

Nella metafora del viaggio, nel corso dei secoli va dipanandosi un’avvincente saga tramandata di padre in figlio. Con “arte e con inganno”, gli artisti girovaghi mai si stancarono di rincorrere l’arcobaleno dei sogni lungo le vie del mondo: fieri viandanti sotto ignare volte stellate, mai abdicarono alla speranza di una vita migliore.


Claudio Bargelli insegna "Storia economica" presso le Facoltà di Economia e di Scienze Politiche dell'Università di Parma ed è membro della "Società Italiana degli Storici dell'Economia". I suoi interessi riguardano principalmente l'evoluzione della mentalità e del pensiero economico sia in età moderna, di cui ha analizzato i temi del pauperismo e della politica annonaria, i criteri di gestione dei patrimoni terrieri ecclesiastici e le strategie delle corporazioni di arti e mestieri, sia in età contemporanea, riguardo alla quale si è soffermato sui fermenti innovativi permeanti il sistema primario tra l'età napoleonica e la Restaurazione e sull'economia bellica ed i successivi percorsi evolutivi della ricostruzione a metà Novecento.

TESTIMONIANZE E PERSONAGGI