Anche questo era emigrazione: gli Orsanti della Val Ceno e della Val Taro

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L'emigrazione delle nostre valli verso i paesi d'oltralpe agli inizi dell'Ottocento era costituita particolarmente da suonatori ambulanti e ‘ammaestratori di bestie. Lasciavano alle spalle la miseria delle loro vallate non solo per necessità, ma anche perché animati da uno spirito di avventura che li portava spesso molto lontano

La storia delle migrazioni è antica quanto l’uomo e, come diceva Mons. Scalabrini, “L'emigrazione, nella quasi totalità dei casi non è un piacere ma una necessità ineluttabile”.

L'emigrazione delle nostre valli verso i paesi d'oltralpe agli inizi dell'Ottocento era costituita particolarmente da suonatori ambulanti e ‘ammaestratori di bestie. Lasciavano alle spalle la miseria delle loro vallate non solo per necessità, ma anche perché animati da uno spirito di avventura che li portava spesso molto lontano.

Si legge in un registro parrocchiale di Illica, frazione di Bedonia: “Si fa menzione che Giovanni di Domenico Draghi e Vincenzo del fu Domenico Draghi, essendo stati due anni nella Germania con un orso e una scimmia e venuti sani e salvi a casa sua, regalano alla Beata Vergine del Carmine un cuore d’argento che questo sia appeso in perpetuo al collo della statua della di essa Beata Vergine e non sia venduto e incantato”. La data è del luglio 1797.

La professione dunque è antica e deriva direttamente da quelle compagnie ambulanti del Cinquecento e del Seicento, anche se divenne un fenomeno non trascurabile a partire dai primi anni dell'Ottocento.

Gli animali erano i protagonisti di questi viaggi: si iniziava con un pappagallo per poi passare alla scimmia e quindi all’orso. L'orso era un acquisto importante: lo si faceva venire dall’Abruzzo, dopo anni di risparmi.

Chi li addestrava, ed erano in pochissimi a saperlo fare, li teneva rinchiusi da piccoli in una casa di pietra e li istruiva per un anno intero. Nel bedoniese esistono ancora le “ca' de l'ors” dove gli orsi venivano ricoverati prima dei grandi viaggi, le museruole di ferro, i collari. L'orso ballava a suon di musica, eseguiva piccoli esercizi, fingeva di lottare con il suo padrone.

Quando si riteneva che fossero pronti, il proprietario tenendo la bestia per la catena partiva per il suo viaggio verso Fiorenzuola, Piacenza, risalendo il Lombardo Veneto per arrivare alla Germania, alla Polonia, alla Russia.

Il paese di Cavignaga di Bedonia divenne noto ben presto come luogo di addestramento e da qui partì Paolo Bernabò, ritenuto uno dei più lontani antenati degli Orsanti, che ben presto riuscì a costituire un circo.

Ai numerosi giocolieri, orsanti e scimmiari partiti da queste montagne va il merito di aver prodotto con coraggio e fantasia spettacoli alla portata di tutti.

Si avventuravano in questa attività incerta e dura spinti dalla necessità ma anche dalla passione, assurta ad arte vera e propria, non priva di fascino. Non solo arrivavano fino a Napoli e Palermo, ma anche in Scandinavia e in Russia, spingendosi sino in Egitto.

Per avere un aiuto e non viaggiare da soli erano soliti farsi accompagnare da uno o più “domestici”. Per questo ruolo ben si adattavano i bambini che costavano poco di paga e che soprattutto potevano suscitare pietà nei presenti e quindi raccogliere maggiori offerte.

Non poche sono le storie di questi adolescenti che lasciavano le famiglie per un destino incerto.

Nei documenti del Ministero degli Esteri del Ducato Parmense si può consultare un carteggio che racconta come un fanciullo di otto anni fosse stato affidato dal padre a tale Maisà. Giunto a Parigi il ragazzo abbandonò il padrone per i maltrattamenti che era costretto a subire e trovò accoglienza presso una famiglia che non volle riconsegnarlo al padre quando questi si recò a riprenderlo. Il ragazzo non tornò e il legislatore disse: “Le ragioni del padre han perduto molto della loro forza per la condotta che ha avuto nei confronti del figlio”.

Raramente le donne seguivano il marito. Per anni attendevano il suo ritorno aspettando qualche notizia che a volte non arrivava. Gertrude Caramatti lasciò il marito a Odessa e se ne tornò tra i suoi monti. Lucio Lami nel suo romanzo “La donna dell'orso”, che prende spunto da episodi reali, così ci parla di una di loro: “In effetti Adina non aveva mai manifestato entusiasmo per la vita degli orsanti: semplicemente aiutandone uno, suo zio, aveva scoperto di avere una inclinazione naturale per quella professione. Gli orsi, come dicevano i vecchi domatori, la sentivano. Parlava sempre a bassa voce, non usava maniere forti, e ripagava ogni obbedienza con qualche ghiottoneria. Soprattutto non cedeva: con implacabile mansuetudine costringeva gli orsi a fare quel che era previsto dal programma di lavoro”.

Con l'andare degli anni gli Orsanti cominciarono ad associarsi costituendo compagnie che poi avrebbero dato origine a circhi equestri.

Una buona compagnia era composta da almeno quattro persone: il padrone che accudiva l'orso, un uomo che curava la scimmia, un suonatore di tamburo, un garzone o domestico addetto alla questua. Un carro trainato da un cavallo dava riparo a uomini e animali.

Le compagnie più importanti avevano anche un cammello e cani ammaestrati con i loro addetti. Il cammello con il suo servente rimaneva a circa un chilometro di distanza per poi intervenire facendo fare ai bambini un giro intorno alla piazza, effettuando così una seconda questua.

Il circo più importane fu certamene quello di Antonio Bernabò, che iniziò la sua avventura all'età di otto anni con il fratello di poco più grande e ritornò dopo otto anni di assenza durante i quali era stato dato per morto. La madre lo riconobbe per una cicatrice che si era procurato da bambino. Ma ben presto riprese la sua vita errabonda andando in Crimea a comprare cammelli e anche nel ghiaccio dell’Artico a cercare l'orso bianco.

I capicompagnia che possedevano sino a tre compagnie si davano appuntamento all’osteria di Bedonia ed erano facilmente riconoscibili: vestivano in “panno da marina” che chiamavano “blu Amburgo” dal luogo dove lo acquistavano e facevano mostra di grandi orologi appesi alla catena d'oro. La loro presenza richiamava i curiosi che ascoltavano insaziabilmente i loro racconti.

Antonio Bernabò che lavorò ventidue anni in Turchia ebbe il riconoscimento di Cavaliere dalla Corona Turca: oggi si direbbe un sapiente imprenditore.

Paolo Bernabò nel 1843 diede in Grecia lo spettacolo ufficiale in occasione della dichiarazione di indipendenza.

Giovanni Volpi lavorò per anni in Inghilterra prima di trasferirsi in America dove i suoi discendenti lasciarono il circo per le giostre e furono tra i fondatori del Luna Park di New York.

Questa realtà durò sino all'inizio della Prima Guerra Mondiale: molti tornarono poveri come quando avevano cominciato, altri si comprarono il podere, altri ancora scelsero la via delle Americhe, dimenticando gli animali.


Articolo di Giuseppina Villy Sciarratta | Araldo della Madonna di San Marco

Bibliografia: Lucio Lami, La donna dell'Orso. Camunia, 1996 | Lucio Lami. In Val Taro con l’Orsante, Da “il Giornale”, 6 settembre 1983 | Giuiano MORTALI, CORRADO TRUFFELLI, Per procacciarsi il vitto, Diabasis, 2005.

Fonte: sito Valcenostoria.it - parte 1 - parte 2

 

Approfondimento

Video

Gli "Orsanti" dell'Alta Val Taro (Parma)Relatore: Alessandro Bocelli. Videoriprese: Arturo Curà.

Catalogo mostra - Tracce dell’emigrazione parmense e italiana fra XVI e XX secolo

Mostra storico documentaria, a cura di Mario Palazzino, Antonella Barazzoni, Valentina Bocchi, Lucia Togninelli. La mostra intende concorrere alla riflessione su un fenomeno che ha una rilevanza storica notevole; la sua importanza è facilmente riscontrabile a partire dal numero delle persone coinvolte direttamente: dal 1876 al 1976 hanno lasciato il suolo patrio 27 milioni di italiani. La mostra è un rincorrersi di casi individuali, di situazioni familiari, di vicende di comunità locali, di questioni più generali. Le carte esposte coprono un arco cronologico di oltre 5 secoli, dal 1545 al 1973, e trattano sia questioni relative al parmense sia questioni di respiro nazionale, queste ultime a partire dalla fine dell’Ottocento fino ai primi anni Settanta del secolo scorso.

ARTICOLO sulla storia degli orsanti tra Sette e Ottocento scritto dal professor Claudio Bargelli, Ricercatore del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell'Università di Parma

(breve estratto) Gli artisti errabondi dipartono dai monti per sparpagliarsi lungo le rotte della speranza. Ben diversi saranno gli itinerari percorsi - a più o meno lungo raggio: dalla Francia, alla Germania, all’Inghilterra, alla Scandinavia, alla Russia e perfino alla Turchia, alla Persia, all’Egitto, ma comune a tutti è la seduzione dell’avventura. Al di là delle Colonne d’Ercole di un’avvilente quotidianità, li attende il sottile brivido del girovagare sulle vie del mondo.

Nell'articolo si è tentato di mostrare come negli “orsanti” convivessero diverse anime contrastanti: artisti errabondi, un po’ accattoni, un po’ imbonitori itineranti e un po’ autentici artisti di strada, le cui esperienze di vita riflettono percorsi in chiaroscuro. Come il gioco eterno delle luci e delle ombre dischiuso dai folti faggeti dei patrî monti.

Nella metafora del viaggio, nel corso dei secoli va dipanandosi un’avvincente saga tramandata di padre in figlio. Con “arte e con inganno”, gli artisti girovaghi mai si stancarono di rincorrere l’arcobaleno dei sogni lungo le vie del mondo: fieri viandanti sotto ignare volte stellate, mai abdicarono alla speranza di una vita migliore.


Claudio Bargelli insegna "Storia economica" presso le Facoltà di Economia e di Scienze Politiche dell'Università di Parma ed è membro della "Società Italiana degli Storici dell'Economia". I suoi interessi riguardano principalmente l'evoluzione della mentalità e del pensiero economico sia in età moderna, di cui ha analizzato i temi del pauperismo e della politica annonaria, i criteri di gestione dei patrimoni terrieri ecclesiastici e le strategie delle corporazioni di arti e mestieri, sia in età contemporanea, riguardo alla quale si è soffermato sui fermenti innovativi permeanti il sistema primario tra l'età napoleonica e la Restaurazione e sull'economia bellica ed i successivi percorsi evolutivi della ricostruzione a metà Novecento.


ARTICOLO di Diego Zancani | "Gli italiani nell’Inghilterra del Nord"

(breve estratto) Molte delle storie degli emigrati italiani si svolgono a Londra, o nel sud dell’Inghilterra, oppure in Scozia o nel Galles. Interessanti sono gli studi di Hugh Shankland, docente di lingua e letteratura italiana all’università di Durham, dedicati all'emigrazione nell’Inghilterra di “Nord-est”, dove nell’Ottocento arrivarono i primi emigrati italiani: gli orsanti, con gli orsi ammaestrati, o gli scimmiari che portavano in giro le scimmiette, spesso accompagnate da organetti o altri strumenti musicali. Molti di questi personaggi alla fine dell’Ottocento provenivano dalla Val Taro e dalla Val Ceno e altri da valli dell’Appennino.


Diego Zancani è professor emerito a Oxford. Nel 2006 il Presidente della Repubblica, su raccomandazione del Ministro degli Esteri, gli conferisce l’onorificenza di Commendatore per aver diffuso la cultura italiana all’estero.

TESTIMONIANZE E PERSONAGGI