Il concetto di "cittadinanza" ha rappresentato il cuore della XIX edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes (Tau editrice), curato da Delfina Licata, presentato il 5 novembre 2024 a Roma.
L’Italia è il Paese delle migrazioni plurime, in cui ci sono anche gli italiani che tornano “a casa”, sebbene molti di più se ne vadano: il saldo migratorio è nuovamente e chiaramente negativo dopo il rallentamento per la pandemia (-52.334 nel 2023). Dall’Italia si parte sempre più numerosi e con profili sempre più complessi. Dal 2006 la presenza dei connazionali all’estero è praticamente raddoppiata (+97,5%) arrivando a oltre 6,1 milioni di cittadini iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’estero (AIRE). A queste partenze, che non hanno solo una motivazione professionale, non corrispondono però altrettanti “ritorni” ma, piuttosto, una desertificazione dei territori. L’estero ha sostituito l’ascensore sociale bloccatosi negli anni Novanta. Nella sintesi del Rapporto, in dettaglio, il profilo per età, genere e titolo di studio degli italiani espatriati e rimpatriati.
Un altro tema approfondito nel Rapporto sono le migrazioni interne e il cortocircuito attrazione-repulsione verso i piccoli centri: su circa 2 milioni di trasferimenti annuali complessivi, circa tre quarti riguardano movimenti tra Comuni italiani. Se da un lato, per alcuni, ci si è accorti della necessità di tornare a vivere una vita più a dimensione della persona, dall’altro lato il borgo continua a essere non attrattivo per i giovani, i quali finiscono per trasformare in definitivo un progetto di trasferimento transitorio in un’altra regione o “si giocano la carta” dell’estero.
Eppure anche la città inizia a rifiutare i giovani. Affitti molto alti e costo della vita proibitivo allontanano le risorse giovani e appena laureate, spingendole lontano. Nel mentre non ci si accorge di una immigrazione stabile e strutturale persino conveniente per affrontare sia i problemi demografici che quelli economici.
C’è un’immagine di Franco Arminio, citata nel Rapporto, che ci offre una prospettiva per il futuro: è la “comunità ruscello”, dinamica e impensata, che “apre la porta” all’interculturalità e si contrappone alla “comunità pozzanghera”. L’Italia è già strutturalmente un Paese dalle migrazioni plurime che, se adeguatamente indirizzate, incentivate e valorizzate, possono trasformarsi in società vive e inclusive.
Questa mobilità plurima sta cambiando il concetto di cittadinanza fermo allo ius sanguinis fissato dalla legge del 1992. Il Rapporto dedica un approfondimento al tema evidenziando come in Italia non vi sono solo gli stranieri diventati italiani ad avere due cittadinanze, ma anche tanti italiani alla nascita che acquisiscono una doppia o tripla cittadinanza. Questo sta contribuendo a cambiare anche l’idea di diaspora italiana nel mondo, che negli anni è diventata più istruita, qualificata e multiculturale. Inoltre, dopo l’acquisizione della cittadinanza non emigra solo chi diventa italiano per discendenza, ma anche tanti giovani immigrati in Italia fin dall'infanzia o di seconda generazione. Tra il 2012 e il 2022 sono stati oltre un milione e 528 mila gli stranieri divenuti italiani e di questi oltre 146 mila hanno poi trasferito la residenza all’estero. Gli emigrati italiani di origine brasiliana, ad esempio, mostrano la propensione più elevata all'espatrio, seguiti dai bangladesi mentre Ghana, Pakistan e India, si collocano ai primi posti tra i 10 paesi con la frequenza maggiore di “nuovi” italiani emigrati.
Essere italiani, conclude il rapporto Migrantes, oggi significa avere il secondo passaporto dietro Singapore che permette di spostarsi facilmente in tutto il globo. E questo sta facendo crescere una nuova generazione di cittadini globali.
(Fonte: Rapporto Italiani nel Mondo 2024: l’Italia delle migrazioni plurime che cercano cittadinanza attiva – Fondazione Migrantes | Sempre più giovani emigrano all'estero: ecco l'unica Italia che cresce)